Triclosan: brevettato nel 1964 e registrato come
pesticida nel 1969, il Triclosan è un battericida ampiamente usato
anche nei vestiti, nei giocattoli, nei detergenti per la casa, nei
saponi antibatterici e in alcuni cosmetici.
Ma è caratteristico dei
dentifrici per la sue riconosciute proprietà antiplacca e di
prevenzione delle gengiviti. Non ultimo ha anche un aroma non
sgradevole al palato.
Purtroppo le ombre, che con sempre
maggiore evidenza si addensano su questo ingrediente, superano di
gran lunga i benefici: un recente studio mostra la sua pericolosità
per il buon funzionamento di cuore e muscoli e si
sospetta che il suo uso massiccio possa dare origine a ceppi di
batteri resistenti agli antibiotici più comuni. È anche provato da
numerosi studi che tenda ad accumularsi nei tessuti umani e anche nel
latte materno. La cosa è poco rassicurante visto che la sua
composizione chimica è simile a quella della cancerogena diossina: è
infatti un derivato clorurato del fenolo, e la diossina potrebbe
anche svilupparsi nei processi produttivi o durante lo smaltimento.
Una volta finito nell'ambiente si accumula nei sedimenti dove rimane
per lungo tempo. Uno studio condotto dall'università del Minnesota
ha analizzato le acque di otto dei propri laghi riscontrando la
presenza di diossine da Triclosan. Da allora lo stato si è impegnato
nel recupero ambientale e dal giugno di quest'anno nessun appalto
pubblico potrà comperare prodotti contenenti Triclosan.
Non stupisce che la Food and Drug
Administration stia revisionando questo ingrediente, soprattutto dopo
che i Centers for Disease Control hanno rilevato, nel 75%
della popolazione, tracce di Triclosan nei campioni
di urina. Anche il Canada è in fase di revisione, mentre Danimarca e
Olanda stanno indagando per conto dell'Unione e europea, nell'ambito
di un programma di valutazione (CoRAP) della durata di 3 anni.
Fiutato il vento, anche un colosso
multinazionale come la Procter and Gamble (P&G) ha annunciato di
volerlo eliminare entro il 2014 dai propri dentifrici (AZ e Oral B). Non tutte le multinazionali purtroppo seguono
questa scia.
Nessun commento:
Posta un commento